KANCHANABURI (PARTE 1)
- alessandrobordin5
- 31 gen 2023
- Tempo di lettura: 3 min
IL FIUME KHWAE E LA FERROVIA DELLA MORTE: TRA MEMORIA E TURISMO



Kanchanaburi è una cittadina della Thailandia occidentale con una forte identità storica dovuta ad alcuni avvenimenti che la videro protagonista durante il secolo scorso. Situata su un territorio dove il fiume Khwae Yai e il fiume Khwae Noi si incontrano nel fiume Mae Klong, grazie alla sua posizione vantaggiosa e alla prossimità con il confine dell’attuale Myanmar, già dalla fine dell’Ottocento, svolge la funzione di base difensiva contro potenziali attacchi e invasioni burmesi.
È durante il secondo conflitto mondiale però che assume un particolare rilievo. Sotto il controllo delle truppe giapponesi come tutto il territorio thailandese, a partire dal 1942 diventa il fulcro geografico per la realizzazione di un ambizioso progetto ferroviario. 415 km di binari che avrebbero collegato la Thailandia e il Myanmar con un unico scopo: garantire i rifornimenti via terra all’esercito nipponico durante i preventivati tentativi di conquista di altri paesi situati in Asia occidentale. In particolare, data la necessità di attraversare il fiume, è qui che venne costruito l’unico ponte in acciaio su territorio thailandese del progetto, presente e in uso ancora oggi.
Per l’operazione venne sfruttata la forza lavoro di centinaia di migliaia di persone: individui ai lavori forzati (specialmente burmesi, malesi, indonesiani, cinesi e thailandesi) e prigionieri di guerra alleati (inglesi, australiani, americani, olandesi e irlandesi) sottoposti a condizioni di vita impensabili. Le dure e continuative ore di lavoro unite alla malnutrizione, alle precarie condizioni igieniche e alla conseguente diffusione di malattie, causarono la morte di quasi la metà di coloro che parteciparono alle operazioni di costruzione. Non si fa fatica a comprendere perché in seguito tale tratto di binari sia stato ribattezzato con il nome di “Death Railway” - ferrovia della morte.
Va da sé che tali accadimenti abbiano modellato il profilo morfologico della città facendo della memoria un elemento centrale della sua identità, in grado di caratterizzare il turismo dell’intera area circostante. Oltre ai cimiteri di guerra, sono numerosi i musei storici che ripercorrono le diverse fasi delle costruzioni o di questo momento del conflitto mondiale, così come i tratti commemorativi visitabili lungo il corso della ferrovia - tra tutti il Death Railway Bridge, appunto, e l’Hellfire Pass. Non solo, anche quei luoghi che appartengono per così dire alla sfera commerciale della città - ristoranti e attività varie, mercatini, resort e aree costruite ad hoc - sfruttando il guadagno portato da tali attrazioni, hanno ridisegnato alcune delle proprie caratteristiche per strizzare l’occhio al celebre episodio. Da qui, nomi di locali che richiamano la ferrovia e luoghi celebri sul suo corso, riproduzioni di mezzi militari sparsi sulle sponde del fiume, aree turistiche affollate in prossimità di punti di rilievo.
Se già la presenza di questi elementi mi ha fatto riflettere, ciò che mi ha colpito più di tutto è stato un certo atteggiamento di “spensieratezza”, diffuso tra molti dei turisti occidentali così come di quelli asiatici, che in un certo senso strideva con la storia di cui quei luoghi erano testimonianza. Le foto in posa con sorrisi smaglianti e i selfie sfrenati, la consumazione di snack e bevande, uniti agli elementi fisici già citati sopra, rendevano l’atmosfera di alcuni momenti surreale, per certi versi simile ad un parco giochi, ad un luna park il cui tema principale è la guerra. Le sensazioni che ho provato visitando alcuni di questi posti mi hanno portato a pormi una domanda: può esserci memoria senza consapevolezza?


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